Il tema della didattica per competenze fa parte del dibattito educativo ormai da diversi anni. Le Indicazioni Ministeriali del 2012 hanno proceduto ad una revisione sia dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, sia degli obiettivi suggeriti per perseguirli. Le principali novità sono rappresentate dal richiamo diretto alle competenze chiave europee per la cittadinanza e l’apprendimento permanente, giunte tra l’altro alla seconda riformulazione (22 maggio 2018), e dal Profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione. Lo sviluppo delle competenze non viene quindi presentato come un accessorio del processo di alfabetizzazione, ma come una finalità della scuola, come un suo elemento irrinunciabile.
Se rivolgiamo lo sguardo alla didattica, considerando queste promesse, dovremmo parlare più propriamente di “didattiche” funzionali alla promozione delle competenze che hanno come prospettiva di riferimento la formazione della persona e del cittadino. Non si può certo dire che i docenti non lavorino considerando questo aspetto come obiettivo finale, ma quello che ci stanno chiedendo i documenti ministeriali sulle competenze è qualcosa di diverso: iscrivere le nostre esperienze in una cornice di significato e di senso condivisa.
Molto spesso le pregevoli esperienze che vengono realizzate nelle nostre scuole hanno carattere di episodicità e frammentazione, sono talvolta implicite nella mente dei docenti stessi, dalla discrezionalità delle persone, dai loro interessi, dalla buona volontà di metterle in atto, più che da una condivisione intersoggettiva di una progettualità educativa e didattica a livello di istituto.
Cosa vuol dire lavorare nell’ambito di una didattica per competenze? Vediamo 4 punti che ne delineano le caratteristiche.
1.Complessità.
Vuol dire intanto far riferimento a dei compiti complessi come i cosiddetti “compiti di realtà” o “significativi” o “autentici”. I compiti che si propongono agli allievi devono essere più difficili rispetto alle risorse che essi già posseggono. Se dovessero affrontare lavori commisurati strettamente a ciò che sanno e sanno fare, si limiterebbero a esercitare conoscenze e abilità già conseguite. Salta dunque lo schema tradizionale della lezione frontale: io spiego, tu studi, io interrogo.
Per far fronte a compiti complessi non è sufficiente fare riferimento alla somma delle conoscenze acquisite, sebbene esse siano fondamentali; gli alunni dovranno lavorare, mettersi assieme e fare: ricercare informazioni, trovare soluzioni, attivare la propria creatività. Proporre ad esempio ai bambini di curare l’allestimento di una mostra è un compito complesso, gli aspetti da curare sono molteplici e non esiste un solo modo di risolvere il problema. Ed è per questo che un compito di realtà viene definito solo parzialmente, in modo da favorire una maggiore creatività in fase risolutiva.
La situazione appena più complessa stimola il problem solving e la necessità di reperire informazioni e strategie che ancora non si posseggono.
L’agire competente si rivela proprio nella capacità di reperire strumenti e risorse nuovi, partendo da quelli già posseduti.
2.Interdisciplinarità:
Un compito di realtà è normalmente interdisciplinare, ha maggiori possibilità di risultare complesso e nuovo per gli studenti. Nelle Indicazioni si legge “Le discipline come noi le conosciamo sono state storicamente separate l’una dall’altra da confini convenzionali che non hanno alcun riscontro con l’unitarietà tipica dei processi di apprendimento. Ogni persona, a scuola come nella vita, impara infatti attingendo liberamente dalla sua esperienza, dalle conoscenze o dalle discipline, elaborandole con un’attività continua e autonoma.” I percorsi didattici privilegiano l’integrazione dei saperi, che insieme concorrono a costruire competenze attraverso l’esperienza e la riflessione nei compiti significativi e nelle unità di apprendimento.
Nella didattica per competenze viene posta maggior enfasi sul ruolo del discente. Tuttavia il docente non perde importanza, la sua azione viene valorizzata attraverso l’assunzione di un ruolo di mediatore e facilitatore.
Mette a disposizione strumenti e pianifica situazioni che permettono all’allievo di costruire il proprio apprendimento. Fornirà probabilmente meno risposte ma molte buone domande per sollecitare la ricerca, la formulazione di ipotesi e la sperimentazione di strategie e tecniche piuttosto che soluzioni.
Il docente assume una responsabilità educativa, poiché l’insegnamento persegue la finalità della formazione della persona e del cittadino autonomo e responsabile e non resta quindi confinato nell’ambito della dimensione culturale.
La didattica per competenze privilegia l’aspetto sociale e cooperativo dell’apprendimento. I compiti di realtà dovrebbero essere calati in un contesto in cui è possibile accedere a conoscenze, abilità e competenze attraverso gli altri. Del resto chiedere aiuto, saper gestire le informazioni ricevute e impiegarle per la soluzione di un nostro problema fa parte delle esperienze quotidiane di ciascuno di noi.
Insieme si può apprendere meglio, si possono condividere informazioni, procedure e strategie, si può prestare e ottenere aiuto.
Le tecniche di apprendimento cooperativo, di tutoraggio tra pari, la discussione, sono congeniali alla promozione di competenze. In particolare la dimensione del piccolo gruppo favorisce gli scambi comunicativi e l’interdipendenza positiva.
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